In Italia, si stima che l’area complessiva dei terreni brownfield – ovvero i siti ex‑industriali abbandonati – ammonti a circa 3.000 km², un dato comparabile all’intera estensione della Valle d’Aosta. Al contempo, il consumo di suolo, ossia la trasformazione del territorio naturale in aree edificate, aumenta di circa 56 km² all’anno, riducendo progressivamente il terreno destinato ad agricoltura, foreste, zone umide e parchi.
È paradossale riforestare aree naturali per combattere i cambiamenti climatici, mentre suolo vergine viene destinato a nuove costruzioni, infrastrutture e zone industriali. L’immenso patrimonio brownfield rappresenta un’opportunità preziosa: questi spazi, infatti, potrebbero essere recuperati per sostenere lo sviluppo urbano e, al contempo, essere riqualificati per interventi di riforestazione, contribuendo così stoccare la CO₂ e a salvaguardare la ricchezza e l’equilibrio dei sistemi naturali.
Il Bosco di Montopoli dimostra che si può fare. La creazione del Bosco ha trasformato un’area degradata di circa 7 ettari – precedentemente destinata a un’intensa attività zootecnica – in un parco sostenibile attraverso un intervento di riforestazione su larga scala. L’intervento garantirà lo stoccaggio della CO₂, il miglioramento della qualità dell’aria e il ripristino della biodiversità, dimostrando concretamente che il recupero ambientale è possibile con un approccio mirato e ben pianificato.