Le piante dovrebbero essere considerate il collegamento tra il sole e la Terra. Senza le piante, l’energia del sole non verrebbe trasformata nell’energia chimica che sostiene la vita. Ma non è tutto. Ogni essere vivente ha bisogno di ottenere l’energia necessaria per la sopravvivenza da qualche fonte. L’energia presente sul nostro pianeta proviene da tre fonti principali: il sole, il calore primordiale derivante dalla formazione della Terra e il calore generato dal decadimento radioattivo di alcuni materiali nella crosta e nel nucleo terrestre. Per scopi pratici, possiamo trascurare i contributi dell’energia geotermica e concentrarci sull’energia solare, la vera fonte che sostiene la vita sulla Terra. Anche l’energia che otteniamo bruciando carbone o petrolio è semplicemente energia solare originariamente catturata dalle piante (intese in senso ampio, per includere tutti gli organismi fotosintetici). Allo stesso modo, l’energia che muove il vento, le correnti oceaniche o le onde ha anch’essa origine dall’energia solare. In breve, possiamo approssimare che, con eccezioni trascurabili, tutta l’energia sul pianeta proviene dal sole.
Dopo aver semplificato la questione ai suoi termini fondamentali, possiamo tornare alle piante e al ruolo centrale che esse svolgono nel garantire la sopravvivenza delle specie. Attraverso la fotosintesi, e con l’aiuto dell’energia solare, le piante catturano l’anidride carbonica atmosferica, formando zuccheri—molecole ad alta energia—e producendo ossigeno come sottoprodotto. La quantità media di energia prodotta dalla fotosintesi su scala planetaria è di circa 130 terawatt, circa sei volte superiore al consumo energetico attuale della civiltà umana. Come scrive Primo Levi in The Periodic Table al ciclo del carbonio: “se la conversione organica del carbonio non avvenisse quotidianamente intorno a noi, su scala di miliardi di tonnellate a settimana, ovunque appaia il verde di una foglia, meriterebbe pienamente il nome di miracolo.” Grazie a questo processo miracoloso, la vita ha potuto diffondersi e prosperare. La fotosintesi è essenzialmente il motore principale della produzione di materia organica attraverso mezzi biochimici, la cosiddetta produzione primaria.
Una volta prodotta dalle piante, questa energia chimica—che sia sotto forma di cibo, carbone o petrolio—viene utilizzata come carburante dal resto del regno animale per sostenere la propria sopravvivenza. Gli esseri umani, tuttavia, la utilizzano in modo eccessivo, facendone la principale fonte di energia per il loro sviluppo. Quando questo carburante brucia, produce inevitabilmente sottoprodotti che alterano l’equilibrio ambientale e causano inquinamento. Ad esempio, il CO2 viene emesso ogni volta che avviene una combustione—che si tratti della combustione degli zuccheri e dei grassi per alimentare i nostri corpi o della combustione di petrolio, gas, carbone, legno o qualsiasi altro combustibile originariamente prodotto tramite fotosintesi. Le attività umane emettono circa 29 miliardi di tonnellate di CO2 all’anno. A titolo di paragone, i vulcani rilasciano un quantitativo 100 volte inferiore—solo da 200 a 300 milioni di tonnellate. Il CO2 che si accumula nell’atmosfera è il principale motore dell’effetto serra e dell’aumento delle temperature globali che ne deriva. Attraverso attività come la combustione di combustibili fossili e la deforestazione, gli esseri umani hanno aumentato la concentrazione media annuale di CO2 atmosferica da 280 ppm (parti per milione), dove era rimasta stabile per circa 10.000 anni prima della Rivoluzione Industriale, a 421 ppm nel 2022. L’ultima volta che la Terra ha registrato concentrazioni atmosferiche di CO2 così elevate è stato durante il Pliocene, circa tre milioni di anni fa. In quel periodo, la temperatura media del pianeta era più alta di 4°C, ampie parti del continente antartico erano coperte da foreste e il livello del mare era superiore di 20-25 metri rispetto ad oggi a causa del disgelo.
Naturalmente, il ciclo del carbonio è molto più complesso di quanto descritto fin qui e coinvolge numerose variabili legate alla vita sulla Terra. Ad esempio, non tutta la CO2 emessa dalle attività umane finisce nell’atmosfera; circa il 30% si dissolve negli oceani, formando acido carbonico, bicarbonato e carbonato. Sebbene questa assorbimento oceanico sia vitale perché previene che ancora più CO2 entri nell’atmosfera, provoca anche l’acidificazione degli oceani. Questo fenomeno è responsabile della distruzione delle barriere coralline e influenza profondamente la vita degli organismi calcificanti come i coccolitoforidi, i coralli, gli echinodermi, i foraminiferi, i crostacei e i molluschi, impattando infine l’intera catena alimentare.
In sostanza, la questione centrale è che, fino a tempi recenti, il ciclo del carbonio funzionava in modo efficace. Il CO2 veniva rilasciato nell’atmosfera attraverso processi come combustione, digestione e fermentazione, per poi essere riassorbito dalle piante tramite la fotosintesi—un ciclo bilanciato capace di gestire significative fluttuazioni dei livelli di anidride carbonica senza alterare l’equilibrio. Per milioni di anni, questo sistema ha funzionato come un orologio. Tuttavia, con l’avvento della Rivoluzione Industriale, l’immenso volume di CO2 rilasciato nell’atmosfera tramite l’uso dei combustibili fossili è diventato talmente grande che le piante non sono più in grado di riassorbirlo completamente. Oggi, è necessario che tutti riducano le proprie emissioni di anidride carbonica il più possibile. Non è qualcosa che possiamo rimandare: da singoli individui a imprese, fino alle nazioni, è il momento di agire. Esistono soluzioni, e sono efficaci. Se adottate da una parte significativa della popolazione globale, potrebbero garantire un futuro sostenibile. Molte di queste soluzioni sono racchiuse nel concetto di Energy Park.
Quello che trovo più affascinante di questa idea è che, sia attraverso i pannelli solari alimentati dalla tecnologia umana, sia attraverso le piante sviluppate dall’evoluzione, l’obiettivo finale è lo stesso: trasformare l’energia luminosa del sole in una forma utilizzabile dagli esseri umani. Che il risultato finale siano gli zuccheri nelle piante o l’elettricità dai pannelli solari, progettare un parco dove l’umanità collabora—per una volta—con la natura per ridurre al minimo il suo impatto planetario è emozionante e suscita speranza per un futuro migliore.